Italpreziosi, Vanni: “La scelta dell’oro a 9 carati può avere implicazioni contrastanti sulla sostenibilità ambientale”

Per migliorare le proprietà dell’oro a 9ct, si possono utilizzare metalli più nobili nelle leghe


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Il dibattito sull’oro a 9 carati non riguarda solo il settore commerciale e il posizionamento di mercato, ma anche le implicazioni metallurgiche e qualitative di questa lega. Alice Vanni di Italpreziosi offre una prospettiva tecnica sul tema, analizzando le alternative disponibili e il loro impatto sulla sostenibilità. L’oro a 9 carati, contenendo il 37,5% di oro puro e il restante 62,5% composto da altri metalli come rame, argento, nichel o zinco, riduce il costo del materiale, rendendolo più accessibile. Tuttavia, questa composizione influenza alcune caratteristiche fondamentali del gioiello, come la resistenza all’ossidazione e la tonalità del colore.


“Esistono leghe alternative che possono mantenere un elevato valore percepito utilizzando una minore quantità di oro”, spiega Vanni. “Per migliorare le proprietà dell’oro a 9 carati, si possono utilizzare metalli più nobili nelle leghe. Ad esempio, l’aggiunta di palladio o platino può aumentare la resistenza alla corrosione e migliorare la lucentezza del gioiello. Tuttavia, l’uso di questi metalli può anche aumentare il costo della lega e rendere più complessa la lavorazione”.

Il valore e la qualità di un gioiello non dipendono solo dalla quantità di oro puro contenuta nella lega, ma anche dalle caratteristiche chimiche e fisiche del metallo risultante. La caratura dell’oro indica la percentuale di oro puro presente nella lega: il 9 carati (375 millesimi) contiene il 37,5% di oro puro e il 62,5% di altri metalli; il14 carati (585 millesimi) contiene il 58,5% di oro puro; il 18 carati (750 millesimi) contiene il 75% di oro puro.

Ogni lega ha vantaggi e svantaggi: “Le leghe con una minore percentuale di oro puro tendono a essere più dure e resistenti ai graffi, grazie alla maggiore presenza di metalli duri come il rame o il nichel, ma anche più difficili da lavorare. L’oro a 9 carati, ad esempio, è più duro rispetto all’oro a 18 carati, ma può risultare più fragile e meno duttile”. Un’altra differenza fondamentale è la resistenza all’ossidazione: “La presenza di altri metalli nella lega può influenzare questa proprietà. Le leghe a 9 carati, contenendo una maggiore quantità di metalli come rame e argento, sono più suscettibili all’ossidazione e possono scurirsi o macchiarsi nel tempo”.

Anche la resa estetica cambia in base alla caratura, in quanto l’oro a 18 carati ha una tonalità più ricca e calda rispetto all’oro a 9 carati, grazie alla maggiore presenza di oro puro, ma la percezione estetica resta soggettiva e può cambiare in base alle preferenze culturali e personali. Secondo alcune fonti intervistate, uno degli argomenti a favore del 9 carati, invece, è la sua potenziale sostenibilità. Riducendo la quantità di oro puro utilizzato, si potrebbe diminuire la necessità di estrazione mineraria, con conseguenti benefici ambientali.

Tuttavia, secondo Alice Vanni, questa valutazione deve essere fatta con attenzione: “La scelta dell’oro a 9 carati può avere implicazioni contrastanti sulla sostenibilità ambientale. Da un lato, l’utilizzo di una minore quantità di oro puro può ridurre la domanda di estrazione mineraria, che è associata a significativi impatti ambientali. Dall’altro, la maggiore presenza di metalli non nobili nelle leghe a 9 carati implica l’estrazione e la lavorazione di questi metalli, le cui filiere possono essere soggette a controlli ambientali meno rigorosi.”

Secondo Italpreziosi, infatti, la vera sostenibilità nella gioielleria si raggiunge attraverso l’uso di oro tracciato e proveniente da filiere responsabili: “La scelta per migliorare la sostenibilità nella gioielleria è sicuramente l’utilizzo di oro tracciato da filiere responsabili in cui le controparti sia di fonti recycled (come da definizione RJC CoC) che di materiale minerario siano attive per ridurre impatto ambientali e valorizzare l’impatto socio-economico positivo che queste hanno per le comunità locali, nel rispetto di standard ambientali e sociali elevati.” 


Italpreziosi, Vanni: “There are alternative alloys that can maintain a high perceived value while using a lower gold content.”

The debate around 9-carat gold goes beyond market positioning—it involves metallurgical and sustainability considerations as well. Alice Vanni of Italpreziosi offers a technical perspective on the alloy, explaining that while 9kt gold is more affordable due to its lower pure gold content (37.5%), it differs significantly from 18kt in terms of oxidation resistance, hardness, workability, and color tone.

To improve its properties, noble metals such as palladium or platinum can be added to the alloy. These enhance corrosion resistance and brilliance, but also raise production costs and complexity.

On the topic of sustainability, Vanni highlights the nuanced impact of 9kt gold: using less pure gold may reduce the need for mining, yet it increases reliance on other metals whose supply chains may lack strong environmental oversight.

According to Italpreziosi, true sustainability in jewelry comes from the use of traceable gold sourced through responsible supply chains, whether recycled or mined, and aligned with high environmental and social standards.

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