Secondo l’indagine Ipsos commissionata dal Comitato Leonardo, la percezione di Brasile, Russia e Malesia è positiva ma i nostri prodotti hanno bisogno di maggiore tipicità
Rapporti positivi e predisposizione buona: è questa in estrema sintesi la percezione di tre mercati emergenti scelti per condurre la ricerca IPSOS dal titolo “Nuovi mercati e Made in Italy: cosa pensano di noi” commissionata dal Comitato Leonardo e presentata in occasione dell’XI Forum annuale in Campidoglio. Il Comitato è nato nel 1993 su iniziativa comune di Sergio Pininfarina e Gianni Agnelli, Confindustria, ICE e un gruppo d’imprenditori con l’obiettivo di promuovere ed affermare la “Qualità Italia” nel mondo.
L’indagine è stata condotta tra gli opinion leader (Accademici, esperti di export e tematiche economiche, giornalisti specializzati, rappresentanti di associazioni d’impresa e di società di servizi alle imprese, imprenditori/manager) di tre paesi: Russia (1.689 milioni di dollari il PIL: 2010 e 2011 +4,3%, secondo le stime tratte dal Rapporto congiunto del Ministero degli affari Esteri), Brasile (2.444 milioni di dollari il PIL: +7,5% 2010, 2011 + 3,6%) e Malesia (250 milioni di dollari il PIL: 2010 +7,2%, 2011 +5,1%), anche per verificare il peso dell’Italia rispetto ai suoi competitor più forti: Germania, Cina, Stati Uniti e Giappone.
Sul modo in cui questi mercati guardano all’Italia si è discusso durante il Forum, al quale hanno partecipato il presidente del Comitato Leonardo Luisa Todini, il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, il Presidente dell’ICE, Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane Riccardo M. Monti, l’A.D, di UniCredit Federico Ghizzoni, il presidente di Brembo Alberto Bombassei, il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua Magliani, il presidente di FederlegnoArredo Roberto Snaidero, l’A.D. di Luisa Spagnoli Nicoletta Spagnoli, oltre ad importanti rappresentanti del mondo istituzionale, diplomatico ed imprenditoriale. I lavori si sono conclusi con l’intervento del Ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera.
Russia, Brasile e Malesia – che negli ultimi due anni hanno visto crescere in modo significativo, con volumi differenti, il proprio prodotto interno lordo – basano la loro percezione su alcuni fattori: la bellezza e l’importanza dell’Italia sul piano storico, artistico-culturale e paesaggistico; le prerogative positive del popolo (calore, creatività, intraprendenza); la capacità dell’Italia di mantenere un ruolo rilevante nell’economia mondiale; i brand ed i prodotti del made in Italy che valorizzano e danno prestigio al Paese stesso e l’appartenenza all’Unione Europea, garanzia di standard qualitativi e normativi rassicuranti. Quanto al Brasile, l’Italia ha una buona immagine/reputazione ed è abbastanza conosciuta dagli opinion leader locali: buone relazioni commerciali, discreti scambi (ottavo posto in Import ed in Export); con la Russia, una tradizione consolidata di relazioni commerciali, forte presenza di imprese italiane in diversi settori, e di prodotti made in Italy, rende più che buoni i rapporti mentre si registra una presenza a singhiozzo in Malesia: ancora poco conosciuti i prodotti italiani, il nostro paese non viene visto come investitore rilevante.
Emergono dunque grandi potenzialità per le produzioni italiane, anche se al made in Italy vengono associati solo i settori tradizionali (le cosiddette quattro A: alimentari, abbigliamento, automazione e arredamento) mentre gli altri sono noti solo agli opinion leader più informati. Secondo quanto emerge dalla ricerca commissionata dal Comitato Leonardo, il rischio è che i brand italiani vengano considerati sempre più come entità separate da un concetto di italianità o di “Made in Italy”. Questo sembra accadere perché le grandi aziende italiane presenti all’estero hanno un dimensionamento multinazionale, non giocano sulla loro italianità (non si propongono sottolineando la loro nazionalità) e hanno a che fare con segmenti che non sono tipici e non rientrano nello stereotipo italiano.
A frenare lo sviluppo del made in Italy, inoltre, ci pensano anche il limitato supporto finanziario-assicurativo e la mancanza di strumenti finanziari adeguati che favoriscano i rapporti e offrano linee di credito che accompagnino la crescita della domanda; la forte incidenza dei dazi doganali; la necessità di rafforzare le relazioni politico-diplomatiche; la necessità di semplificazione delle procedure normative e burocratiche. La soluzione potrebbe dunque risiede in una evoluzione del sistema imprenditoriale italiano ed un approccio più maturo ed evoluto all’export: sviluppo di servizi connessi anche nelle zone più remote; maggiore attenzione alla cultura locale; diversificazione dell’offerta per rendere il Made in Italy più accessibile a target di fascia media, senza perdere la propria identità. Tra i settori ritenuti a maggiore potenzialità nel prossimo futuro compare al primo posto l’automazione, seguita dall’alimentare e dall’abbigliamento.
“Il Made in Italy è un valore aggiunto che tutto il Sistema Paese deve saper sfruttare per la conquista di nuovi mercati e il consolidamento non solo nei settori tradizionali – ha detto Luisa Todini durante il Forum -. Non è un caso che gli italiani siano apprezzati all’estero per creatività, qualità e capacità innovativa, spesso più degli altri competitor. Le aziende devono fare la loro parte, ma hanno bisogno di un maggiore sostegno istituzionale, non solo finanziario, soprattutto tramite incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche. Plaudiamo alla costituzione della nuova Agenzia, che ci impegniamo ad affiancare nel miglior modo possibile, ma auspichiamo una razionalizzazione delle controparti, con un accorpamento dei vari enti di sostegno all’internazionalizzazione. Bisogna essere forti all’estero facendo sistema e organizzandoci a filiera: se avessimo una grande distribuzione italiana saremmo i primi al mondo in molti settori di largo consumo. Ma dobbiamo saper essere anche attrattivi verso le multinazionali, gli investitori e i talenti di ogni genere, ben vengano quei grandi gruppi stranieri o i fondi sovrani che vogliono investire nei nostri marchi mantenendo know-how e attività produttive nel nostro Paese: è la testimonianza della forza del nostro made in”.
“Il Made in Italy – ha commentato il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi – è una questione di interesse nazionale. Il consumatore globale associa il Made in Italy alla “Qualità”. È questo il segno distintivo del nostro brand nazionale sul quale dobbiamo continuare ad investire per intercettare la domanda dei mercati internazionali, sia di quelli avanzati, dove il nostro export è già consolidato, sia di quelli emergenti, dove abbiamo ampi margini di crescita rispetto ai nostri principali concorrenti europei. L’affermazione delle nostre eccellenze nel mondo necessita certamente di azioni immediate, inserite in una strategia complessiva di più lungo periodo volta a garantirne l’efficacia e la sostenibilità. L’unitarietà e la coesione del sistema-paese nel suo complesso è la condizione necessaria per la riuscita di una strategia che contempla numerosi aspetti, tra i quali, certamente ed in primo luogo, la promozione, ma anche il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese, la tutela legale della proprietà intellettuale e industriale, il rispetto di regole commerciali sottoscritte e condivise a livello multilaterale e l’abbattimento delle barriere tariffarie e tecniche che impediscono al Made in Italy di dispiegare appieno tutto il suo potenziale. E’ cruciale sostenere le imprese innanzitutto in termini di promozione e di strumenti finanziari di accompagnamento. Puntare su accordi bilaterali di libero scambio, sulla lotta alla contraffazione e su un sistema di governance che indirizzi al meglio le risorse esistenti, identifichi le priorità geografiche e settoriali e definisca una programmazione pluriennale di politica estera economica, come quelle di cui dispongono tutti i principali Paesi avanzati”.
“L’Agenzia ICE – ha evidenziato il Presidente Riccardo Maria Monti – intende contribuire a dare sempre maggiore visibilità internazionale alle attività del Comitato Leonardo, cui sono associate imprese che realizzano oltre metà del proprio fatturato all’estero. A tal fine abbiamo individuato tre linee di azione per la collaborazione Agenzia-Comitato: ulteriore impulso alle attività del Premio all’estero, crescente focus su innovazione e high-tech, mobilitazione delle eccellenze Italiane in chiave di attrazione degli investimenti“.